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Laureata in Biologia all’Università di Pisa, Graziana Grassini meglio conosciuta come Lady Sassicaia, è tra i più affermati enologi a livello internazionale. Cura progetti importanti di creazione di nuovi vini […]
Stasera, domenica 19 giugno, alle 20, al cinema Lumiére, appuntamento conclusivo per la chiusura della stagione inver-no-primavera di “CantinaJazz, – Il Gusto della Ricerca”, che ri-prenderà a ottobre, dopo la […]
C’è una ricca iconografia rigorosamente in bianco e nero che rimanda al jazz del secolo passato ritraendone i suoi protagonisti con un bicchiere in mano dentro bui e fumosi club newyorkesi.
E’ nel periodo a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta infatti che gli umori di questa musica sono spesso dipesi dalle droghe e dall’alcool e molti artisti hanno interrotto prematuramente la loro breve esistenza o hanno fortemente compromesso la propria carriera lasciandoci orfani di genialità straordinarie ed inespresse.
Molti anni fa, molti per me che vi scrivo dall’altezza dei trentasei, incontrai Lino Patruno e la sua band, a cena, a casa mia, alla fine di una manifestazione musicale che i miei genitori ed un drappello di amici, tennero in piedi, non senza difficoltà, per una decina di anni buoni.
Dicevo, eravamo a cena, si parlava del più e del meno, avevo vent’anni.
Si parlava più che altro di musica, di jazz, delle origini, e nel mentre si svuotavano bottiglie di Aglianico. Aglianico del Vulture, il vino che per certi versi, mi ha dato i Natali ma anche le Pasque ed i Capodanni sosterrebbe qualche bonario detrattore, tante soddisfazioni ed altrettante ebbre dimenticanze.
Gusto e olfatto sono i sensi più ancestrali e reconditi che abbiamo: nell’evoluzione biologica sensi analoghi insorgono in tempi remotissimi e sono comuni a tutte le forme di vita, dagli […]
Non so se Mario Tobino, viareggino saggio e fantasioso, nato “sulla spiaggia e al di là del molo” s’interessasse al jazz, ma so che s’interessava e sodo d’dee e di vino: stanti i numerosi brindisi accreditatigli. Tant’è che aveva un tavolo riservato da “vipore”, un ristorante che in lucchese significa “vipere”, in via Santo Spirito cui andava spesso, naturalmente solitario e unico. Per questo quando sentite dire che i lucchesi hanno le vipere in tasca, nel senso che non ci mettono mai le mani tanto sono spilorci e taccagni, non significa che frequentano “vipore”, ma che sono peggio dei genovesi e degli scozzesi. messi assieme. Si da il caso che via dei Bacchettoni unica nel suo genere sia una strada fra le più nobili e più frequentate di tutta Lucca. Proprio da “Vipore” lo intoppai una sera:”Buona sera maestro”,”Si maestro un par di ‘oglioni” disse senza formalità, Fu sorpreso di avere un giovane come il sottoscritto fra gli ammiratori, e me lo disse, e così fra il lusco e il brusco facemmo grandi onori al vino di “Vipore”; buono.