Oggi a CantinaJazz siamo seriosissimi, e affrontiamo un campo specialistico come l’Ampelologia, ovvero la disciplina che studia e caratterizza le tante varietà di Vitis vinifera, la pianta che ci dà l’uva.
Se vi siete sorpresi di apprendere che la Pietro Beconcini Agricola coltiva un Tempranillo nei suoi appezzamenti, quindi produce un vino caratteristico della penisola iberica in quel di San Miniato, bene, sappiate che la cosa non è poi così sorprendente. Le varietà di vite, infatti, hanno viaggiato assai in tutto il globo, a seguito di commerci, pellegrinaggi e migrazioni. I pellegrini che transitavano lungo la via Francigena, sicuramente hanno contribuito allo scambio delle varietà di vite impiantate nei tanti paesi che quella via tocca. Così in tempi remoti il Tempranillo arrivò in Toscana, dove si diffuse largamente sotto il nome di “Malvasia nera“: uva piacevole, dolce, pigmentata e amabile, tanto da dar luogo a diverse produzioni “in purezza” o mescolata con altre uve autoctone. La costante affermazione del Sangiovese come uva principe del rosso toscano ha progressivamente messo da parte la Malvasia nera, che però ha resistito fino ai giorni nostri. Quando Cesare Studiati cerca di definire la formula del “vino perfetto” cui lavora su incarico di Bettino Ricasoli, tra gli assemblaggi che sperimenta c’è quello del Sangioveto (come allora veniva chiamato il Sangiovese) con la Malvagia nera (il vecchio nome della Malvasia). Aggiungendo il Canajuolo (moderno Canaiolo) Cesare Studiati ottiene la formula cercata: Bettino Ricasoli inizia a produrla in quel di Brolio e la mette in commercio col nome di “vino Chianti”, marchio che poi avrebbe superato in fama mondiale ogni altro vino italiano. Eravamo intorno al 1840 e la Malvasia nera, alias Tempranillo, resisteva ancora. Oggi il suo impiego nel Chianti è molto sporadico, perché tende ad accorciare la vita del vino, cosa già notata da Cesare Studiati.
Ma qual è il nome corretto: Tempranillo o Malvasia nera? Qui si scontrano diversi pareri: dal punto di vista genetico è acclarato che la Malvasia nera toscana è una variante del Tempranillo, quindi potremmo considerare sinonimi i due nomi. Però è anche vero che in Italia esistono altre uve chiamate Malvasia nera (in particolare in Puglia), che sono di origine greca e non sono geneticamente parenti del Tempranillo. Quindi sembrerebbe più rigoroso chiamare Tempranillo la Malvasia nera toscana e lasciare il nome Malvasia nera alle altre forse più meritevoli. Ma queste sono questioni di lana caprina, l’essenziale è non fare confusione.
Dei lasciti dei pellegrini lungo la via Francigena, qualche vecchio filare si ritrovò tra i possedimenti della Pietro Beconcini Agricola. Nessuno sapeva dire che uva fosse, quindi fu etichettata come uva X. Il vino “incognito” che se ne ricavava era molto gentile, aromatico, di ottima beva, quindi Leonardo Beconcini, ereditata dal padre la conduzione dell’azienda, fece moltiplicare le viti e le impiantò ringiovanendo la coltivazione. Fece anche analizzare il DNA di quell’uva incognita e il responso fu netto: Tempranillo. Così l’incognita risolta è rimasta solo a dare il nome a una etichetta di Tempranillo in purezza di Beconcini: “iXe“, ovvero la x nella pronuncia pisana schietta.
Ci perdonino gli Storici, i Genetisti della vite e gli Ampelologi veri se abbiamo pasticciato (chissà con quanti errori) nelle loro discipline; a loro un’esortazione: invece di avercela con noi, venite a degustare il Tempranillo del Beconcini nel prossimo evento di CantinaJazz!